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Interviste |
Francesco
Pintore per l'Unione Sarda intervista Pino Martini il 5 luglio
2005
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Pino
Martini cosa significa Tancaruja?
Letteralmente: appezzamento di terra rossa. La Tanca è
un luogo di lavoro: di semina e allevamento. L'ho immaginata rossa
come la buona terra di Sardegna.
Avete vinto il festival folk di Plauen in
Germania, dove avete riscosso un grande successo. Isettande è
stato pubblicato anche all'estero. Come mai questa attenzione
per i Tancaruja oltre Cortina?
L'eco dei nostri due concerti a Plauen è giunta
fino ad una etichetta, la "Peregrina Music" che ha voluto
pubblicare Isettande in Germania. Il manager Reiner Zellner l'anno
scorso ci ha invitato a un festival a Norimberga. C'era anche
Eugenio Bennato con la sua Taranta Power. E visto il forte impatto
del gruppo, nell'aprile di quest'anno ha organizzato un tour di
dieci date, andate tutte molto bene.
Lei ha suonato nei Salis, Cosa ricorda della
scena oristanese degli anni Sessanta-Settanta?
Negli anni Settanta, nell'Oristanese, era un pullulare di
gruppi. C'erano più musicisti che pubblico che li ascoltasse.
I Salis&Salis erano il gruppo più importante e di enorme
bravura. Dopo la scissione Tonietto formò i Salis e nel
1974 mi chiamò a suonare il basso. Dal '74 al '76 ho vissuto
gli anni più belli della mia vita musicale. E questo anche
grazie a Tonietto Salis, un artista straordinario, non ancora
abbastanza riconosciuto.
Chi sono gli artisti della tradizione che
ispirano la musica dei Tancaruja?
Sarebbe immediato rispondere che sono i cantadores, i tenore
ed i suonatori di ballo sardo, ma forse è meglio dire che
la nostra musica è pervasa dall'energia della tradizione.
Molti suoi colleghi sostengono che la musica
sarda tradizionale sia in crisi.
Credo che in crisi sia il pubblico che non sa più
che pesci pigliare. Cose trite e ritrite, migliaia di Non
potho reposare. L'Ave Maria, uno uno dei canti più
delicati suonata con le basi e la batteria in un terzinato atroce
e volgare, un importante pezzo come Nanneddu Meu con
ballerine scosciate con coreografie scopiazzate da varietà
televisivi di terz'ordine. Per qualche lira in più si danneggia
la cultura sarda.
Come viene accolto il vostro set nei paesi
della Sardegna.
Bene e spesso con il coivolgimento del pubblico. Anche
se quello sardo è riservato e difficile.
Secondo lei ai giovani interessa la musica che si rifà
ai suoni etnici?
La maggior parte dei giovani è interessata alla
musica in radio o in televisione: il pop, il rock, ecc. La musica
etnica è ascoltata solo nelle piazze o in qualche rara
trasmissione. E quando gliela suoni con energia mostrano interesse.
Avete inciso un disco dal vivo dopo due soli album. Non avete
anticipato i tempi per una compilation?
Forse si, tuttavia fare dischi richiede sempre tempo e
fra un disco e l'altro finisce che si sta suonando altro e in
altro modo. Così abbiamo voluto fermare questo momento
prima che si perdesse.
Il vostro disco è distribuito da Frorias. E' finito il
rapporto con la CNI?
Ballu furiosu nasce dalle piazze sarde, è prodotto
dall'Agenzia Applausi e ci è sembrato bello distribuirlo
con Frorias. Con la CNI vedremo, attualmente abbiamo anche altre
proposte.
Cosa pensa dell'autoproduzione?
L'autoproduzione e la coproduzione consentono di mantenere
la propria libertà artistica e un certo controllo del lavoro,
per cui la consiglio e la caldeggio.
Lei è stato chiamato a fare degli
stage di canto sardo. Come ha presentato la nostra cultura
musicale?
Questa è la mia ultima esperienza e devo dire molto
gratificante e divertente. Negli ultimi due anni ho tenuti numerosi
seminari per l'associazione milanese "La Conta".
Lei vive tra Milano e Seneghe, un paese
ricco di tradizioni musicali.
Ho un ricordo particolare di Seneghe. Tanti anni fa ero
in paese: sento in lontananza un coro a tenores.
Seguo il canto, arrivo in una casa e trovo un gruppo di uomini
che canta per puro diletto. Mi invitano a entrare, bevo e canto
con loro. Mentre rientro in un'altra casa c'è un registratore
che suona un canto a chitarra. In quel momento decido di prendere
casa a Seneghe.
Suona spesso con Mondo Usai, un musicista
artigiano di Seneghe che ha recuperato molti strumenti della tradizione.
Lui si è inventato un lavoro e adesso è molto apprezzato
dai musicisti.
Mondo Usai è un artigiano che innova cogliendo le
esigenze dei musicisti. Ha il grande merito di essere riuscito
a costruire trunfe, pippiolos, launeddas e altri strumenti dando
ai musicisti un più ampio ventaglio di possibilità
di utilizzo espressivo.
Secondo lei si può vivere di musica in Sardegna?
Molti già lo fanno, come i tradizionali, altri hanno
in genere un secondo lavoro e in Sardegna è più
facile perchè è piccola: fai la serata, rientri
e l'indomani vai a lavorare.
Lei suona con tre suoi nipoti, una band
di ragazzi molto giovani. Qual'è il loro approccio con
la musica sarda?
Talvolta entusiastico, talvolta contraddittorio, soprattutto
quando l'equilibrio fra tradizione e innovazione pende verso la
tradizione, alloro la loro anima rock si impenna.
Cosa pensa delle contaminazioni?
Se sono il frutto di incontri, di esperienze diverse che
si rispettano e si cercano, ben vengano. Se sono solo operazioni
per spillare finanziamenti alla regione allora penso che sarebbe
ora di finirla.
Tra i suoi colleghi chi apprezza?
Tutti coloro che lavorano sodo e con onestà.
I suoi figli sono nati e cresciuti a Milano.
Conoscono la musica sarda?
Si, abbastanza bene e la suonano anche, compatibilmente
con la loro giovane età.
Lei che musica ascolta?
Molta musica sarda e popolare, vecchia e nuova, world e
quando capita il rap e l'hip pop
L'ultimo concerto che ha visto?
Joe Zawinul & the Syndacate
L'ultimo libro letto?
"Una mattina mi son svegliata" di Giovanna Marini.
L'artista con il quale avrebbe voluto collaborare?
Maria Carta
Farebbe un disco di canzoni napoletane?
Se pagassero bene!... Schersi a parte, suonerei con i napoletani
o con quelli della Taranta. Mi piace la loro energia. |
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Carlo
Argiolas per La nuova Sardegna intervista Pino Martini il 30 marzo
2005 |
S'intitola
Ballu furiosu il CD dei Tabcaruja presentato ufficialmente ieri
mattina a Cagliari. Prodotto dalla società Applausi e distribuito
dalla Frorias di Franco Madau, l'album, 63 minuti, riporta una
seduta dal vivo effettuata lo scorso gennaio al teatro Garau di
oristano, contenente 12 brani, tra temi inediti e altri consolidati
nel repertorio della band come Ballu e Cabtu, Cantadore canta,
Peppinu meu, Eni ca...Dinghiri doi, Sona sonette, Abba muda. Un'azzeccata
miscela di tradizione e modernità attraversata questa volta
da sonorità acustiche.
Il mio rapporto con la tradizione è qualcosa di
assolutamente fisico, nel senso che sin da piccolo in famiglia
ho sempre respirato musica sarda. Non si può fare a meno
della tradizione, da cui ogni tanto prendo in prestito qualcosa.
In Peppinu meu, ad esempio, brano dedicato a Peppino Mereu, ho
voluto inserire una frase appresa ascoltando i Tenores di Bitti.
Il musicista che lavora nel nostro campo deve lavorare sul dettaglio,
e questo costa molta fatica, perchè ci vuole parecchio
tempo e una conoscenza profonda del materiale trattato.
C'è un brano del disco al quale si sente più affezionato?
Si, Ballu furiosu, il pezzo che apre il disco e anche quello
che gli dà il titolo.
Perché un live?
Perchè il live racchiude la vera attidudine della
formazione. Registrare in sala ci piace, ma i Tancaruja i momenti
più belli li riservano dal vivo.
Della vecchia formazione è rimasto
solo lei. Ora la band è formata da giovani. Si sente mai
il "nonno" del gruppo?
No, perchè tra di noi c'è un continuo scambio. Non
sento la differenza di età con gli altri componenti.
I nuovi Tancaruja amano i suoni acustici. E in futuro?
Ci potrebbe essere l'elettronica, utilizzata con garbo
ed intelligenza.
Tre dischi all'attivo: come vanno le vandite?
Chi lavora in ambito popolare non diventa ricco dalla vendita
dei dischi. Ritengo però che i nostri album vendano nel
tempo. Godiamo sempre di buone recensioni e di grande attenzione
durante le esibizioni. Proprio come lo scorso anno al Controfestival
di Mantova organizzato nei giorni della Kermesse sanremese. Ricordo
che appena iniziammo a suonare, la gente si voltò verso
di noi ascoltando in silenzio.
Una casa discografica tedesca ha deciso
di stampare il vostro secondo lavoro, Isettande.
Anche questo per noi è un segno di enorme gratificazione.
Nel disco verrà aggiunto il brano Ballu e cantu. In Germania
il nostro nome inizia a circolare parecchio. Alla fine di aprile
partiremo in tournée e li faremo cinque date, anticipate
da una tappa in Lussemburgo. |
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Valerio
Piga di ALTERNATIZINE intervista Pino Martini il 19/02/2002 |
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Prima
di tutto come nasce il progetto dei Tanca Ruja?
I primi semi del progetto furono gettati nel lontano 74 quando
con i Salis facevamo frequenti "incursioni" nel patrimonio
musicale sardo. "Terra de isparu" è stata scritta
da me e Tonietto Salis nel '75. Da allora ho accumulato molti appunti
musicali che ho raccolto, sistemato e completato e che nel 1998
sono confluiti nel primo CD dei Tancaruja "In terra e in
chelu".
Da poco è uscito il nuovo lavoro
dal nome " Isettande" con una chiara differenza dal
precedente "In terra e in chelu" la totale assenza dell'
elettronica. Come mai avete optato per questa scelta?
Per esigenze di Concerto avevamo riarrangiato in versione acustica
alcuni pezzi del primo CD. Il risultato fu sorprendente,
i pezzi sembravano più freschi e ariosi e molto comunicativi.
Così i nuovi pezzi furono pensati per una formazione acustica
anche in coincidenza con l'ingresso nel gruppo di Antonio Neglia
suonatore di chitarra acustica, classica, bouzuky, bandurria ecc.
e di Claudio Corona che oltre alle tastiere poteva suonare la
fisarmonica. Fare un disco acustico è sempre una tappa
importante per un artista perché è una "sfida":
sei tu con la tua voce e il tuo strumento senza la "maschera" (peraltro,
talvolta affascinante) dell'elettronica. E "Isettande"
è davvero un CD completamente acustico, quasi trasparente;
l'unico strumento elettrico è il basso.
Come ci si sente a far parte del
circuito cnimusic dove militano tra l'altro gruppi affermati come
gli Almamegretta,Agricantus, Daniele Sepe e tanti altri..una bella
soddisfazione per un gruppo sardo....
E' un buon risultato che ripaga degli sforzi fatti per creare
musica comunicativa ma di qualità
La musica dei Tanca Ruja ultimamente pur
mantenendo i riferimenti espressivi della Sardegna, si allarga
anche a suoni del Portogallo ed il Senegal. Primo processo verso
un sound world music?
Il progetto dei Tancaruja è stare in equlibrio fra il rispetto
della tradizione (vastissima, rigogliosa e bellissima) e la liberta
dell'innovazione, verso una "internazionalizzazione della
musica sarda. esiste in questo momento un'onda nuova di musica
sarda che potremo tranquillamente suonare in qualsiasi palco del
continente esattamente come avviene nell'afro-music o nel rai
arabo. nel concerto che abbiamo fatto in giugno alla Cascina Monluè,
spazio molto importante e famoso per la musica a Milano, la gente
ha ballato per un'ora senza problemi.
Una breve sintesi dei contenuti di "Isettade"
Relativamente ai contenuti , il disco parla d'Amore..... in due
direzioni: amore in generale che può esistere solo tramite
la "consapevolezza", una consapevoleza interiore e spirituale
che può giungere solo dal raccoglimento solitario e meditativo
(Isettande: quasi una preghiera); una consapevolezza sociale che
viene dall'unità, dalla passione civile e dalla lotta collettiva
contro le ingiustizie e i soprusi di tutte le globalizzazioni
(Miniera); una consapevolezza artistica: un popolo che elabora
e produce contenuti e forme lascia tracce di sè e non può
mai essere cancellato nè tantomeno deriso. (Poesia traittora)
La seconda riguarda l' amore "personale": l'aspetto
poetico e delicatamente sensuale, la simbologia vitale dell'acqua
verso il mare, il silenzio del dire e la potenza del fare (Abbamuda);
l'aspetto giocoso, ironico scopertamente voglioso (Eni ca.., Feminas);
l'aspetto pittorico poeticamente naiff (Frore)
Una parte degli elementi dei Tanca Ruja
suona con gli Elora gruppo che ha scaldato parecchie notti inizio
'90 al Jazzino di Cagliari. Che fine hanno fatto?
Valeria , Gabriele, Cristiano e Claudio continuano a lavorare
con Elora e portare avanti il progetto, è normale per un
musicista avere diverse passioni anzi è auspicabile perchè
arrichisce le possibilità espressive.
Le differenze e le difficoltà nel
suonare musica etnica e musica rock
Per un musicista sensibile non c'è differenza, certamente
occorre maggior studio e attenzione per una corretta espressività
stilistica. Io stesso ho suonato molte musiche: rock hard e progressive,
blues, e il funky che mi è sempre piaciuto molto. Infine
la musica è una e poggia su due elementi universali: conoscenza
e istinto.
Un giudizio sulla scena musicale sarda.
E' una bella scena: fermento vivacità, musica vissuta.
il popolo sardo ha sempre avuto una forte sensibilità e
abilità musicale, l'unica cosa che un po' manca nei musicisti
sardi è la consapevolezza delle proprie e autonome capacità,
ci sono ancora troppi giovani che scimmiottano le star-system
invece,magari, di ampliare le loro conoscenze; tieni presente
che difficilissimo in sardegna trovare per es. dei chitarristi
che suonino anche il bouzouky, o sassofonisti che suonino le launeddas
ecc. ecc.
Progetti per il futuro?
Fare concerti, suonare questo secondo disco e promozionarlo. In
ottobre lo presenteremo a milano in un concerto per radio popolare
e altri concerti in piccoli teatri.
Un saluto ai lettori di alternatizine......
Siate aperti a tutte le musiche e in particolare alla musica sarda
vecchia e nuova perchè è un tesoro che abbiamo in
mano. a vederci nei concerti in mezzo alla musica. |
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Marco
Cavalieri di RADIO CITTA' APERTA di Roma intervista Pino Martini
il 06/04/2004 |
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Pino Martini ha fatto ancora una volta centro.
Forse, così su due piedi, il suo nome non dirà molto
a qualcuno, ma la verità è che questo compositore,
scrittore, bassista, arrangiatore e produttore (dimentichiamo
qualcosa?) ha fatto la storia di un certo tipo di musica. D'altra
parte, questo "eterno ragazzo" di Carbonia nella musica
è nato e cresciuto. Suo nonno era musicista e gran suonatore
di ballo sardo, così come suo padre Ugo. Dopo le prime
esperienze legate alla musica della sua terra, alla quale segue
un'esperienza milanese di avant-jazz con il gruppo dei Capricorno,
Pino approda al rock impegnato e schierato degli Stormy Six e
con il gruppo milanese costruisce il sodalizio più lungo.
Poi, nel 1998, l'amore per la Sardegna e le sue tradizioni lo
riporta "a casa" e nasce così il progetto Tancaruja.
Oggi Pino si divide equamente tra Milano e Seneghe, anche se (a
nostro modesto avviso) il suo cuore è tornato a battere
il ritmo della sua terra. D'obbligo, quindi, la prima domanda:
dove ti abbiamo pescato, Pino?
In questo momento sono a Milano, dove tengo un corso di canto
sardo per un'associazione che vuole studiare i nostri canti popolari.
Come si fa a trovare un punto d'incontro
tra la Sardegna e Milano?
Mah, è sufficiente che le città abbiano maggior
interesse per la campagna e viceversa. C'è sempre bisogno
di un rapporto di azione e reazione, in modo che si crei una scintilla
che possa innescare ricerca, innovazione, cultura".
Tu nasci con la musica della tua terra,
alla quale hai sempre cercato di accostare ora il rock, ora il
jazz, addirittura la fusion con i Matisse. Stiamo parlando della
prima metà degli anni settanta. C'era un gran fermento,
un gran bel movimento allora...
Suonavo con i Salis, un gruppo di ricerca, di ritorno alle
radici (come Canzoniere del Lazio, Compagnia di Canto Popolare,
gli Area, Napoli Centrale). E già allora facevamo questo
esperimento di contaminazione tra rock e tradizione. In quel periodo
io ed il mio batterista abbiamo conosciuto gli Stormy Six, già
noti al pubblico per il loro impegno culturale e politico e insieme
fino al 1983 abbiamo girato l'Europa con il loro camioncino. Siamo
arrivati addirittura in Svezia, per suonare all'Università,
dopo tre giorni di viaggio!.
Cosa ti ha dato la tua terra dal punto di
vista musicale?
Dalla Sardegna ho sicuramente appreso il senso del ritmo.
Sono andato sempre alla ricerca di una musica che avesse dentro
questo ritmo, indipendentemente dal genere. Ho suonato addirittura
il rythm & blues, avevo una band coi fiati, facevamo il genere
Motown, sicuramente uno dei generi più divertenti da suonare,
per noi e per il pubblico.
Poi, come uno splendido cerchio che si chiude,
ritorni alla musica della tua Sardegna, grazie al progetto Tancaruja.
Come vogliamo definire la vostra musica?
I termini più usati sono sicuramente musica etnica
o 'world'. Sono comunque termini acquisiti.
A proposito di queste etichette, qualche
giorno fa Myriam Makeba (a Genova per l'Esposizione Universale
del Jazz), ha detto che si parla di musica etnica
per non definirla del terzo mondo. Lo ha detto sorridendo,
ma non so quanto scherzasse. Ovviamente lei si riferiva alla musica
africana. Tu soffri, o hai mai sofferto il fatto di fare una musica
definita da molti di nicchia? Soffri la mancanza della grande
distribuzione, la pubblicità affidata al solo passaparola,
la distanza dai grandi circuiti commerciali o preferisci così?
Un po ne soffro, ma solo perché una parte
istituzionale si è appropriata del segmento
più grande del mercato. Ad esempio, le case discografiche
decidono che la musica del mondo è la musica pop. Invece,
sempre più persone dicono no, non è la musica pop.
Questa è solo quella che ha più mezzi, quella che
viene imposta. Comunque, si va a fasi storiche. La musica etnica
può essere stata in passato un po di nicchia, emarginata,
a causa anche di cambiamenti storici o sociologici. Ma adesso
non mi sentirei di definirla di nicchia, al massimo potrei dire
che è di... nicchiona! (ride). Ci sono migliaia di Festival
in giro per l'Italia, in Sardegna non passa notte senza una festa,
con gruppi che cantano musica sarda, i cantori tradizionali che
a fine serata vendono i loro dischi. E questo senza l'aiuto, la
gran cassa di risonanza dei grandi media.
A questo proposito, Beppe Grillo dice che
una delle cose che teme di più è il potere di MTV,
una televisione che parla a un miliardo e 200 milioni di giovani
nel mondo, influenzandone gusti, scelte, acquisti, ma anche idee...
Esatto! Poi il giovane vede MTV e dice che la musica è
quella. Se riuscisse a vedere anche altro, potrebbe scegliere".
Parliamo di Mantova, della vostra partecipazione
al cosiddetto 'controfestival'. Personalmente non conoscevo la
vostra musica. Il giorno seguente la vostra esibizione, mi sono
incontrato con amici che vivono di musica, che suonano, e tutti
avevamo notato in particolare il vostro gruppo. Cos'è che
colpisce della musica dei Tancaruja, che strega al primo ascolto,
oltre alla vostra presenza scenica della quale parleremo più
avanti?
Come rispondere a questa domanda senza cadere nell'autocompiacimento?
(ride). Sicuramente, dalla musica tradizionale ho tratto un insegnamento:
ciò che resta è ciò che vale e ciò
che vale è il riuscire a sintetizzare il sentire comune
della gente. La bravura sta nel riuscire a muoversi in quella
linea mediana tra il gusto di divertire e il saper dire cose importanti.
Quando si riesce ad ottenere questo, ci si diverte tutti: tu che
suoni, tu che componi, tu pubblico.
Voi siete un gruppo formato da ben otto
persone, che affiancano alla musica uno spettacolo fatto di balli
tradizionali, danze...
A dire il vero credo che questo venga dall'aver girato
un gran numero di palchi, teatri, festival, da quello più
sconosciuto a Mantova... È un affiatamento che nasce serata
dopo serata, si basa sulla reazione del pubblico, sulla risposta
delle varie platee. Diciamo che ti fai il mestiere.
Se poi al mestiere riesci ad affiancare il divertimento e la passione
per quel che fai, alla fine esce qualcosa di soddisfacente. La
Sardegna è decisamente una buona palestra per questo, il
pubblico è molto esigente.
Parliamo delle vostre tournee. So che avete
riscosso un gran successo in Germania...
Si, in effetti quel Paese si sta decisamente aprendo a
nuove sonorità. Lo scorso anno abbiamo partecipato ad un
Festival vicino Dresda, nella ex DDR. Era una selezione di gruppi
europei, basata sull'ascolto di cento dischi. Alla fine, gli otto
gruppi selezionati hanno fatto una serie di concerti e noi abbiamo
vinto. È stata un'esperienza molto importante, anche perché
questo ci ha aperto altre possibilità, torneremo per alcune
date a Norimberga, Francoforte. Ma adesso comincia anche la nostra
tradizionale stagione in Sardegna, dove abbiamo già molti
appuntamenti, siete tutti invitati. Poi abbiamo anche una data
a Torino. Comunque il calendario completo è sul nostro
sito, www.tancaruja.it, che cerchiamo sempre di tenere aggiornato.
E noi faremo di tutto per avervi a Roma
Mi farebbe davvero piacere! A Roma abbiamo già suonato
alla Palma Club, non vediamo l'ora di tornare. Poi lì ho
degli splendidi ricordi di concerti con gli Stormy Six al Testaccio
ed ho lavorato per un periodo con Davide Riondino.
E con Riondino hai all'attivo anche una
partecipazione al premio Tenco. Ricordi in quale edizione?
Mah, doveva essere il 1987. Ma lui è un matto! (ride)
Sai che canta queste brevi componimenti dedicati alle donne, con
strani personaggi e animali come protagonisti. Pensa, eravamo
io al basso e lui alla chitarra e voce, poi è salito sul
palco anche Milo Manara al clarinetto... è stato divertentissimo!.
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