Barcca Epos

Le canzoni

A rapporto
E' la rielaborazione del colloquio di Lussu col nuovo comandante della Brigata, il generale Leone, incarnazione della retorica, della vuota rigidità e della stupidità degli alti comandi.

Trombe [testo] [musica 1' 10"]
In questo brano viene riproposto un episodio tragicomico raccontato da Lussu in Un anno sull’altipiano: il generale ha la pensata geniale di aprire l’attacco notturno “di sorpresa” alla trincea nemica con una serie di squilli di tromba. Al ridicolo segue la carneficina.

Cognac!
Mette in scena una delle immagini più memorabili del libro: la folata di alcol che precede l’avanzata degli austriaci. D’altra parte, anche in altre pagine di Lussu, l’alcol (e il cognac in particolare) emerge come uno dei protagonisti della Grande Guerra.

Le corazze Farina [musica 1' 50"]
Ripercorre un episodio quanto mai emblematico. Gli alti comandi impongono la sperimentazione di “innovativi” scafandri antiproiettile che dovrebbero proteggere i nostri assaltatori dai colpi del nemico, ma la prova si conclude in modo tragicomico: dopo pochi passi, i soldati corazzati crollano, centrati dai cecchini. Le corazze Farina proteggono tutto, ma –ahimé- non le gambe.

Assalto
Riprende uno degli aneddoti più commoventi di Un anno sull’altipiano: dopo l’ennesimo attacco allo sbaraglio ordinato dal generale i soldati italiani, stremati e decimati, si trovano a ridosso della trincea nemica. Dall’alto delle fortificazioni, gli Austriaci gridano in italiano: “Basta! Basta, bravi soldati! Non fatevi massacrare così…”

Il caffè [testo]
E’ un episodio centrale nel libro, ripreso da Monicelli nel film La grande guerra. Durante una perlustrazione, Lussu e un suo caporale si trovano per caso in un punto che domina la trincea nemica. Da lì, colpire a freddo sarebbe facile; ma è l’alba, gli austriaci stanno prendendo il caffè. Nel tenente e nel suo sottoposto prevale l’istintivo riconoscimento di un’umanità comune. Non sparano. Senza una parola tornano al campo, dove li attende il rancio mattutino, il loro caffé.

La marcia su Roma.
La canzone si ispira alle prime pagine del libro di Lussu, dove con fredda ironia si cerca di dar conto (a un lettore straniero, originariamente) della genesi del colpo di stato che porterà alla dittatura fascista.

Giù il cappello! [testo]
Siamo nei “dintorni” (cronologici e geografici) della marcia su Roma, a Cagliari, nel novembre 1922. Una manifestazione fascista sfocia in violenze, i cagliaritani si ribellano fieramente alle prepotenze tollerate dalla Guardia Regia, rifiutano di togliersi il cappello di fronte ai gagliardetti in parata, resistono e mettono in fuga i fascisti. Un uomo –Efisio Melis, operaio, ex combattente- viene ucciso con il suo bambino di pochi mesi in braccio. La canzone si conclude con un dolente ragionamento sulla violenza e sulla storia.

Il paese dei voltagabbana [testo] [musica 2']
Riprende un tema portante del memoriale di Lussu: la facilità con cui molti italiani cambiano bandiera per viltà o per opportunismo. Protagonista è (nel libro) l’onorevole Pietro Lissia (che qui non viene nominato), prima accesissimo antifascista, e poco dopo collaboratore di Mussolini. L’attualità dell’argomento non ha bisogno di essere sottolineata.

1926 [testo] [musica 2'50"]
E' l’anno in cui avviene l’episodio che sta al centro della canzone. La casa di Lussu, a Cagliari, viene circondata dalle squadracce: vogliono ucciderlo. Lussu, solo, si difende, e spara a un uomo che stava entrando armato dal balcone. Viene arrestato, imprigionato e poi trasferito al confino nell’isola di Lipari (di lì più tardi fuggirà avventurosamente in Francia). Al passaggio della nave, un pescatore lo riconosce e gli lancia un saluto pieno di rispetto e di orgoglio.


 
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